23.1.09

L' "Alto Adige" parla di Merica

In occasione della proiezione di Merica a Bolzano, Massimo Bertoldi ha realizzato un'intervista apparsa il 22 gennaio sull' Alto Adige

Federico Ferrone firma con Michele Manzolini e Francesco Ragazzi la regia del film “Merica”. Gli abbiamo rivolto alcune domande, per meglio capire i contenuti e o obiettivi dell’operazione
Come e quando è nata l'idea di affrontare il tema trattato in "Merica"?
Volevamo soprattutto raccontare l'immigrazione dell'Italia attuale e ci è sembrato una buona idea confrontarla con la grande emigrazione italiana di un secolo fa. Gli italiani di oggi sono molto indulgenti con le sofferenze dei propri emigranti nel mondo, molto meno con i migranti che arrivano oggi nel nostro paese. Eppure i punti di contatto tra le due esperienze sono molte. Basti pensare che alcuni dei migranti che arrivano oggi sono argentini o brasiliani discendenti di italiani che “tornano” nei villaggi dei loro bisnonni, spesso senza sapere quanto le cose siano cambiate.
Come si è svolta materialmente la realizzazione di questo film-documentario? Il nostro precedente documentario, “Banliyo- Banlieue” aveva vinto il festival Videopolis nel 2005 e il premio era un finanziamento della Regione Veneto. Con quel denaro e con l'appoggio di una casa di produzione di Roma, la Mithril production, ci siamo messi subito al lavoro. Sembra strano ma non c'è stata quasi nessuna differenza nei compiti dei tre registi. Un ruolo fondamentale lo ha svolto Jaime Palomo Cousido, che ha seguito tutte le riprese come camera- man e ha poi montato il film. Per quanto riguarda le riprese. Siamo stati 2 mesi nel Nord Est e poi siamo partiti in Brasile, nella regione di Espirito Santo, dove si trovano molti discendenti di italiani. Abbiamo montato il film per 3 mesi e quindi si può dire che il lavoro è durato circa 8 mesi.
Perchè la scelta del supporto digitale?
Purtroppo è una conditio sine qua non per chi aveva un budget come il nostro. La pellicola ormai è un lusso che si permettono solo i film di finzione a grande budget (almeno 20 volte il nostro). Nel caso di un documentario poi, è importante poter girare molte ore per poi selezionarle con calma in sede di montaggio e questo è possibile solo col digitale.
In merito al tema dell'immigrazione e della vita degli italiani all'estero, come emergono dal vostro prezioso lavoro, cosa si può aggingere oggi, magari pensando a come la politica affronta il tema dell'accoglienza dell'extracomunitario e come risponde l'opinione pubblica al confronto con il 'diverso'? A livello legislativo sembra un problema gigantesco, ma a livello di atteggiamento a me sembra una questione elementare. Io credo che si dovrebbero trattare i migranti come si trattano i cittadini italiani: dando loro innanzitutto dei diritti e poi, eventualmente, punendoli quando delinquono, ma senza demonizzarli in quanto membri della categoria “immigrati” o per la loro nazionalità. E' banalissimo ma mi pare che oggi prevalga una logica opposta: si va avanti a colpi di leggi eccezionali.
Quali sono i circuiti di distribuzione e a che tipo di pubblico il lavoro si rivolge, magari anche scolastico? L'Italia è giustamente considerato un paese con una distribuzione molto chiusa. Fortunatamente esistono alcuni circuiti e distribuzioni alternative. Il nostro film è venduto in dvd dalla rivista CARTA e distribuito da Documè, una meritoria associazione che si occupa di far circolare documentari in tutta Italia. Noi abbiamo creato un piccolo sito dove dichiariamo che siamo felici di proiettare il film nelle scuole, nelle associazioni e nelle sale. Ci scrivono spesso, ad oggi infatti abbiamo organizzato più di 80 proiezioni, anche nelle scuole naturalmente. Massimo Bertoldi

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