Visualizzazione post con etichetta recensioni/reviews. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta recensioni/reviews. Mostra tutti i post

17.3.09

La Regione «dimentica» documentario non in linea






Leggo sul sito della Regione Veneto e sui giornali, che al documentario «Stranieri in Patria» di Roberto Citran e Gianni Ferraretto, prodotto dalla Regione del Veneto, è stato assegnato il «Premio Libero Bizzarri». La dirigente regionale Maria Teresa De Gregorio gongola felice per l’esito e si augura che vi sia un seguito. Ma quanto ci è costato in tre anni parlare del fenomeno emigrazione? 264 mila euro per il documentario «Un popolo di ambasciatori» di Enrico Lando; 40 mila questo di Citran e Ferraretto, con in più 4.100 euro per le proiezioni e copie dvd a carico dell’ente regionale; 20 mila euro per «Merica» di Federico Ferrone, Michele Manzolini e Francesco Ragazzi, quest’ultimo realizzato grazie al premio di Videopolis, manifestazione finanziata dalla Regione per 120 mila euro. In tre anni, più di 300 mila euro. Pochi? Il documentario più meritevole? A mio giudizio e secondo il gusto del pubblico che l’ha visto in moltissime proiezioni in giro per l’Italia e nei festival, è «Merica», dal costo-beneficio più favorevole perché ci è scostato solo 20 mila euro. Purtroppo è stato «dimenticato» dalla Regione perché non in linea con le aspettative, diciamo «istituzionali».

Michele Francesco Schiavon

30 ottobre 2008

21.11.08

FilmDoc parla di Merica

Nell'ultimo numero di FilmDoc (nov-dic 2008), la rivista dell'AGIS Liguria, Alessandro Tinterri dedica ampio spazio a Merica nel suo articolo "Cinema documentario e storie di emigranti".
Per accedere all'edizione .pdf vai al sito ufficiale della rivista

"Cinema documentario e storie di emigranti"

Nel 1994 Lamerica di Gianni Amelio ci aveva mostrato il viaggio della speranza dall’Albania all’Italia, terra di recente immigrazione, ora Merica, film documentario di Federico Ferrone, Michele Manzolini e Francesco Ragazzi, viene a ricordarci quando eravamo noi gli emigranti e lo fa attraverso storie di oggi, di quella che viene definita«immigrazione di ritorno».

Clicca qui per leggere il resto dell'articolo

16.10.08

Merica recensito da "Africa e Mediterraneo"






Una terrazza luminosa nonostante le inferriate che la chiudono. Il giovane Felipe confida alla telecamera la sua seria intenzione di partire per l’Italia: “So che avrò i miei diritti di italiano. Voglio fare tutto ciò che fa un cittadino italiano”. Siamo nella regione dell’Espirito Santo, Brasile.

Felipe è nipote di uno di quei 16 milioni di italiani che tra la fine del secolo scorso e i primi del ‘900 lasciarono il proprio paese in cerca di opportunità.

Poi un volto chino, che spunta da un piumino blu, lo sguardo fisso sulla punta delle scarpe che, veloci, si fanno largo su un marciapiede in una qualsiasi mattina grigia. Siamo in Veneto, Nord-est italiano.

Il volto che si gira di tanto in tanto guardingo verso l’obiettivo appartiene a uno dei milioni di immigrati approdati nel nostro Paese.

Con queste due immagini che si alternano con un ritmo via via sempre più incalzante si apre Merica. Due immagini-simbolo di chi da una parte dell’oceano è ancora pieno di speranze e aspettative e di chi, dall’altra parte, molte di quelle speranze le ha perse ritrovandosi ad affrontare una realtà spesso dura e chiusa.

Merica ci pone davanti a due iter andata-ritorno, Veneto-Brasile e Brasile-Veneto: periodi storici diversi, direzioni opposte, protagonisti differenti, ma uguale la ragione dello spostamento. La ricerca di una migliore condizione di vita.

In poco più di un secolo i flussi migratori si sono letteralmente rovesciati. Se prima si sfuggiva a un’Italia povera e contadina, oggi questo stesso paese ha fatto il salto ed è entrato nel club del primo mondo, richiamando migranti da ovunque.

In questa analisi dell’immigrazione da e per l’Italia numerosi sono i punti dolenti toccati: in primis questa sorta di perdita di memoria che colpisce quegli italiani che ieri vedevano amici e parenti partire e che oggi vogliono blindare i confini per evitare che “varie etnie” assaltino come api il “miele” della propria economia.

Merica ci induce anche a interrogarci sul significato dell’appartenenza a un’identità nazionale e culturale: chi cresce nella cultura italiana ma è cittadino di un altro paese è straniero, chi è cittadino italiano ma è cresciuto in una cultura diversa è sempre e comunque straniero. Un paradosso semantico e identitario che, attraverso le riflessioni di italiani all’estero e di stranieri in Italia, ci porta a interrogarci sui criteri che determinano l’appartenenza o meno a una società.

Ieri da una parte dell’oceano l’entusiasmo del sentirsi italiani ha aiutato generazioni di immigrati ad affrontare le difficoltà quotidiane, creando il senso di comunità. Oggi questo sentimento continua a alimentare i sogni dei giovani, a volte per semplice curiosità di indagare sulla propria origine, a volte per sfruttare quell’italianità che diventa un lasciapassare verso il primo mondo. Ma, una volta giunti dall’altra parte della sponda, capita spesso che questo entusiasmo perda la sua carica.

Il documentario in stile cinematografico 16:9 scorre veloce attraverso una fotografia attenta e curata, con interviste mirate a offrire un’ampia panoramica dei diversi punti di vista (dagli immigrati di ieri, agli immigrati di oggi, dal prosindaco di Treviso Gentilini, a Zulian, rappresentante del coordinamento immigrati di Verona).

Federico Ferrone, Michele Manzolini e Francesco Ragazzi sono i realizzatori di questa pellicola che ha già ricevuto diversi premi e riconoscimenti: dal premio del pubblico a Terre di tutti Film Festival di Bologna al primo premio al Jeff Festival di Taranto.

Panoramiche e campi aperti, la radio che ogni tanto irrompe, sintonizzata ora sulle frequenze brasiliane ora su quelle italiane, il leit-motiv del gruppo portoghese Terrakota e l’animazione di Giuseppe Ragazzini dai disegni leggeri per temi che sfiorano il dramma, danno un tocco di stile in più a questo lavoro già di per sé eccellente.


Elisabetta Degli Esposti Merli


Africa e Mediterraneo 1/08 (numero 63)

25.6.08

Merica recensito da "il manifesto"




il manifesto del 21 Giugno 2008
DVD: È uscito «Merica», un documentario veneto-brasiliano

Emigrazione di andata e ritorno
Luca Peretti

Ardua è la vita del documentario italiano oggi. Tendenzialmente snobbati dalle rete televisive, difficilmente in sala ma cullati da qualche festival, gli sbocchi per i pur bravi documentaristi nostrani sono davvero pochi. L'edizione in Dvd, grazie al lavoro attento di poche e preziose case di distribuzione, è nella maggior parte dei casi solo un palliativo, ma è comunque un modo per far vedere i propri lavori oltre il pubblico ridotto e specializzato dei festival. La sorpresa arriva stavolta dalla bottega di Carta che ha editato Merica \, film veneto-brasiliano realizzato da un terzetto di giovani e promettenti registi (Federico Ferrone, Michele Manzolini e Francesco Ragazzi), con un piccolo budget ma grandi idee.
Merica parla di emigrazione, la nostra e quella degli altri: c'è la storia degli immigrati italiani - soprattutto veneti - in Brasile e ci sono le storie dei viaggi di ritorno dei discendenti (25 milioni di brasiliani hanno origini italiane) in un'Italia che li considera extracomunitari anche se hanno il passaporto italiano. Un documentario parallelo insomma, da una parte le comunità di italo brasiliani, con i loro caratteristici accenti a metà tra dialetti italiani e portoghese, e dall'altra le contraddizioni del Veneto, una delle regioni da cui sono emigrate più persone ed in cui oggi arrivano più immigrati. In Brasile si vedono i vecchi che ricordano solo lontanamente la loro patria natia, mentre un ragazzo di 18 anni nipote di italiani racconta della sua passione per il nostro paese e della voglia di venire a visitarlo, descrivendolo come un posto idilliaco e bellissimo. In Italia invece c'è il fratello, che il grande passo lo ha fatto tra mille difficoltà e qualche rimpianto, e racconta il razzismo che deve subire, nonostante le radici, il sangue ed il passaporto siano italiani. Il film è un patchwork di interviste, tra cui spicca quella caustica e atrocemente divertente allo sceriffo di Treviso Giancarlo Gentilini, con dichiarazioni al limite dell'incredibile («Treviso è un oasi: qui non vedi un lavavetri, perché li ho schiantati tutti»). Le parole degli intervistati vengono alternate alle immagini delle piccole e ricche città del nord est o delle campagne e periferie delle città brasiliane.
Il tentativo assolutamente riuscito è quello di raccontarci la Storia attraverso le piccole storie, di raccontarci un grande fenomeno (l'emigrazione) attraverso chi lo vive sulla propria pelle o lo ha sentito dalla voce dei parenti più stretti. Merica andrebbe proiettato nelle scuole - soprattutto venete - come strumento didattico per l'integrazione e l'educazione interculturale. In questo senso questa uscita in dvd voluta da Carta è davvero preziosa. Un solo, ma bello, contenuto speciale, il documentario d'esordio di Ferrone e Ragazzi, Banliyo- Banlieue (premiato tra l'altro alla Mostra di Venezia nel 2004): è un viaggio di 29 minuti a Surville, quartiere della periferia parigina abitato perlopiù da turchi e arabi.
Per finire, una nota tecnica: la qualità del dvd è ottima (una cosa niente affatto scontata per i film low cost) e sono disponibili sottotitoli in inglese, portoghese e naturalmente italiano.

4.3.08

Merica su Carta- Cantieri sociali










Sogni di Migranti

Due mondi allo specchio, Brasile e Veneto. Gli eredi di coloro che approdano nelle spiagge sudamericane sfuggendo alla fame delle campagne venete nei primi anni del secolo, oggi cercano le radici nel nostro paese, portando con sé speranze e illusioni. Ma lo scontro con una realtà ostile e piena di pregiudizi, fa crollare quel legame tra generazioni e tra terre lontane. Attraverso una splendida fotografia, nel documentario dei tre giovani registi Federico Ferrone, Michele Manzolini e Francesco Ragazzi, si ripercorrono incroci e legami familiari tra questi paesi, si contemplano le idiozie e i paradossi di un Veneto ricco e discriminatorio, con uno sguardo anche a chi, nel frattempo cerca delle soluzioni di convivenza e socialità. Il ritmo delle immagini e delle storie, aiutato dalla vivace colonna sonora dei Terrakota, riesce a non diluire d'intensità e realtà i protagonisti, lasciando temp anche a qualche amaro sorriso. "Merica"in dvd farà parte della Bottega di Carta.

www.carta.org

Tratto da Carta- cantieri sociali. 15-21 Febbraio 2008, Anno X numero 5

3.3.08

Merica recensito da "Cinebazar"

Clicca qui per leggere una recensione di Oriana Maerini al film Merica pubblicata sul sito Cinebazar.it

19.11.07

Merica recensito da "La Suburbana"



Sul giornale "La suburbana" una recensione appassionata di Merica scritta dalla poetessa Berenice Sica Lamas

www.lasuburbana.it

(un ringraziamento speciale a Daniela Casino)

13.11.07

Recensione di Merica su "La Provincia di Sondrio"




Sono "Le Ferie di Licu" di Vittorio Moroni e "Merica" di Michele Manzolini, entrambi al 25° Sulmona Film Festival Sguardi valtellinesi su storie di emigranti


Due film "valtellinesi" hanno partecipato nei giorni scorsi al 25° Sulmona Film Festival. Due documentari realizzati lontano da Sondrio, dove sono invece nati i registi. Tra Roma e il Bangladesh è ambientato "Le ferie di Licu" di Vittorio Moroni, già uscito nelle sale. L'altro, realizzato tra Veneto e Brasile, è la sorpresa degli ultimi mesi. Si intitola "Merica" e mette a confronto migrazioni di ieri e di oggi, mostra l'Italia che in passato costringeva i propri giovani a partire e oggi non è più accogliente con chi arriva da paesi lontani per lavorare. L'ha realizzato il sondriese Michele Manzolini con due compagni di ventura con i quali ha condiviso sceneggiatura e regia, Federico Ferrone e Francesco Ragazzi. Il film di Moroni la scorsa settimana ha vinto "ex aequo con Notturno bus" di Davide Marengo - il Festival del cinema italiano a Villerupt, nel nord della Francia, al MedFilm e al Festival di migrazioni entrambi a Roma. A Sulmona, dove il concorso è stato vinto dal viaggio attraverso il Brasile di "Onibus" di Augusto Contento (erano in gara anche il successo italiano dell'autunno "La ragazza del lago", il bel "Passaggio della linea" e "Io, l'altro" con Raoul Bova), Moroni ha ottenuto una menzione della giuria presieduta dai registi Saverio Costanzo e Luca Guadagnino. "Merica", 65 minuti di durata, è stato selezionato negli ultimi mesi da una decina di festival italiani. È un viaggio tra i brasiliani di origine italiana, che sono circa 25 milioni. Un lavoro finanziato dalla Regione Veneto (che pare non aver apprezzato troppo il risultato finale che pone troppi interrogativi all'Italia di oggi) girato tra Rio de Janeiro ed Espirito Santo, il luogo dei primi arrivi degli emigranti italiani, a fine '800. Ora là molti conservano una nostalgia della terra d'origine che non conoscono: quel che sanno dell'Italia è ciò che è stato tramandato o che apprendono dalla tv e che spesso è molto distante dall'attualità. Molti sognano di tornare, ma le liste d'attesa sono molto lunghe. Il giovane Thiago ce l'ha fatta, è venuto a Verona con la moglie, ma non si trova bene, troppe difficoltà e vuole tornare a casa. Suo fratello di 17 anni, Felippe, non vede l'ora di diventare maggiorenne, fare il passaporto e partire e non si lascia frenare dalle disillusioni del fratello maggiore. I tre registi vanno a cogliere le storie di altre persone che oltre oceano hanno ereditato la nostalgia della patria lontana. Ma anche i dubbi e le fatiche di chi ha provato a tornare. Perché oggi gli italiani guardano con diffidenza chi torna dopo un secolo con sangue italiano nelle vene ma con abitudini diverse. Così i tre registi sanno cogliere l'Italia odierna in modo profondo e insolito e fanno domande che riguardano tutti. Perché un Paese di emigranti è diventato così chiuso rispetto a chi arriva da fuori? Contano più l'origine e il sangue o il desiderio di vivere e lavorare in un luogo? "Merica" diventa un'occasione di riflessione preziosa e gli italiani del Brasile uno specchio per conoscerci e capirci meglio. Per Manzolini, 27 anni, esperto di cinema brasiliano e curatore del festival di cinema sidamericano "Iberamericana" di Bologna, è la prima regia, ma già è al lavoro su nuovi progetti.

Nicola Falcinella

"La Provincia di Sondrio" 13/11/2007

11.11.07

Recensione su Sentieri Selvaggi
























XXV SulmonaCinema FilmFestival - Afferrerai la tua anima
di Emiliano Bertocchi (del 11/11/2007)

Le immagini viste tendono a superare i confini, fisici quanto mentali, delle terre e dei pregiudizi e del cinema stesso. Immagini nelle quali ci si scontra con quanti ancora sono costretti a mettersi in viaggio, per fuggire o tornare, nella ricerca di qualcosa di diverso, fosse solo un’ennessima illusione di vita per continuare a sperare.
Afferrerai la tua anima – così recita l’incipit del nono punto del decalogo del cinema antagonista stilato in occasione di questo XXV SulmonaCinema FilmFestival - Il nuovo cinema rifiuta di riconoscere i confini nazionali. Non si identifica né con il documentario né nel film a soggetto. Inoltre gli stanno stretti i generi, utili solo al mercato.
Visioni trasversali, dunque. Cinema in movimento, che non si vuole fermare, stabilizzare. Si parte con Note su una minoranza di Giuseppe Mingozzi. Girato nel 1964 e prodotto dal National Film Board of Canada. Spaccato dell’emigrazione italiana in questo paese, testimonianza diretta e quanto mai attuale delle problematiche legate ai flussi migratori. L’abbandono della propria terra, l’incontro-scontro con una cultura diversa, con una lingua diversa, la ricerca del lavoro. Un insieme di voci e soprattutto di volti ormai scomparsi attraverso i quali ricostruire una parte significativa della storia del nostro popolo, indispensabile da ricordare, proprio ora che le rotte sono cambiate, ed è divenuta l’Italia il paese ricco, il sogno, la terra verso la quale partire e sperare.
Seguono le due opere in concorso Merica e Onibus, ancora incentrate sul viaggio, sul movimento. Merica diretto da tre giovani cineasti, Federico Ferrone, Michele Manzolini e Francesco Ragazzi traccia un filo diretto che collega il Brasile con il Veneto, in una rotta invertita, quella di alcuni dei discendenti degli emigrati veneti dei primi del novecento che vogliono tornare in Italia. Ragazzi che descrivono il nostro come un paese quasi idilliaco, dove la promessa del benessere è fatta a tutti, poi lo scontro con la realtà veneta, con i pregiudizi, con l’astio nei confronti degli stranieri.
In Onibus (diretto da Augusto Contento e vincitore di ben due premi nella serata conclusiva) si torna di nuovo in Brasile, questa volta all’interno di un autobus, in un viaggio fatto di persone, storie, frammenti di vita. Riflessi sui vetri dell’autobus i volti ripresi raccontano, confondono la propria immagine, la propria esistenza, con il paesaggio in movimento, come a proiettarsi oltre questo continuo andare e venire, per lasciare qualcosa di sé nei luoghi che attraversano, per riuscire a farne parte.
Una macchina da presa, in questi tre lavori, che si immerge nelle situazioni, permeabile agli eventi, in continuo dialogo con un fuori campo ricco di significati, nel quale si può scorgere il continuo ripetersi di alcune dinamiche umane, come quelle del migrare, del movimento, del cambiamento. E in questo modo si superano i confini, fisici quanto mentali, delle terre e dei pregiudizi e del cinema stesso e ci si scontra con quanti ancora sono costretti a mettersi in viaggio, per fuggire o tornare, nella ricerca di qualcosa di diverso, fosse solo un’ennessima illusione di vita per continuare a sperare.

27.9.07

Merica recensito da Kinematrix




Non par vero di esser diventata noi la “Merica” e non possiamo fare a meno di sorridere con un misto di tenerezza e bonario compatimento al diciottenne Felipe che davanti alla telecamera dichiara con baldanza di volere sfruttare il privilegio di essere discendente di una famiglia italiana, una delle tante che partirono dal Veneto tra fine ottocento e inizio novecento per cercare fortuna nel Brasile delle sterminate piantagioni di caffè, nel frattempo diventato terzeiro mundo. Dall’altra parte del muro, con salto improvviso dal colore e calore di Santu Spiritu, Brasile, il fratello Tiago è già stato inghiottito dal grigio e dal rumore metallico delle fabbriche venete (ritmi che si fanno quasi colonna sonora i suoni delle macchine dentro alle officine) ma a nulla vale dissuadere chi sogna un futuro migliore e un’accoglienza a braccia aperte per i figli dell’Italia che tornano a casa- poiché è biblico, dice l’anziana nonna nella dolce cantilena portoghese, che tutti tornino alla terra da dove sono partiti.


Il bel documentario girato da tre giovani registi alla loro seconda prova di collettivo nasce dall’idea di raccontare questo singolare fenomeno di emigrazione di ritorno, partendo dalla regione simbolo del rifiuto di ogni accoglienza allo straniero che, come ci avverte il trevigiano sindaco Gentilini, involontaria tragicomica caricatura di se stesso, arriva qua sciamando a suggere il miele delle ricchezze padane. E ci racconta delle attese interminabili - dieci, quindici anni - degli italo brasiliani che, albero genealogico alla mano, anelano a quella patente di italianità con la quale possano abbattere i muri della diversità una volta arrivati in Italia. Illusione che con facilità cade e lascia l’amaro in bocca quando si comprende che quell’identità culturale, quel senso di appartenenza che rivendicano semplicemente non esiste, e sei e rimani l’altro.


Che poi la narrazione inevitabilmente si allarghi e diventi una riflessione amara sul fenomeno migratorio tout court, allontanandosi quindi dal cuore dello scambio Veneto-Brasile è forse un peccato, ma assolutamente veniale. Nelle orecchie restano le note di una lingua che mescola lingua portoghese e il tenace persistere di accenti del dialetto veneto nella voce dei nostri anziani emigranti, nei racconti ascoltati da bambini di interminabili traversate oceaniche e nella fatica quotidiana di costruire nuove radici in una terra così lontana. Negli occhi una fotografia che, nel salto netto dai colori caldi e vibranti del Sudamerica alla grigia opacità delle nostre cittadine “civiltà” - secondo le gentiliniane categorie - si fa anch’essa narrazione. Del disincanto, della disillusione, di quell’incomprensibile capacità di cancellare il nostro passato di emigranti che rende avari e respingenti nei confronti di chi oggi non fa che percorrere quegli stessi passi che già facemmo.


Voto: 30/30


Luciana Apicella


www.kinematrix.net

9.12.06

FilmDoc- Merica

Nell'ultimo numero di FilmDoc (nov-dic 2008), la rivista dell'AGIS Liguria, Alessandro Tinterri dedica ampio spazio a Merica nel suo articolo "Cinema documentario e storie di emigranti".

Per accedere all'edizione .pdf vai al sito ufficiale della rivista


"Cinema documentario e storie di emigranti"

Nel 1994 Lamerica di Gianni Amelio ci aveva mostrato il viaggio della speranza dall’Albania all’Italia, terra di recente immigrazione, ora Merica, film documentario di Federico Ferrone, Michele Manzolini e Francesco Ragazzi, viene a ricordarci quando eravamo noi gli emigranti e lo fa attraverso storie di oggi, di quella che viene definita«immigrazione di ritorno». Sotto questo profilo Merica s’inserisce a pieno titolo nel filone del cinema antropologico, fornendoci oltretutto uno specchio per interrogarci sullo stato di salute della nostra democrazia. Sono 25 milioni i discendenti di immigrati italiani, che vivono oggi in Brasile e alcuni di loro, non avendo fatto fortuna laggiù, pensano oggi all’Italia come all’Eldorado di un tempo, sognando di percorrere a ritroso il cammino alla ricerca di radici dai contorni sbiaditi come le foto d’epoca, conservate tra i cimeli di famiglia. Merica così chiamavano la terra promessa i loro nonni e bisnonni, provenienti dal nord-est, dalla provincia di Treviso e da Oderzo, tranquilla cittadina di storia antica (la romana Opitergium, da cui i suoi abitanti detti opitergini) e di recente fortuna.Conservano ancora la calata tipica della campagna trevigiana gli anziani intervistati, come la coppia formata da Benjamin Falchetti e Edilia Sossai, nati da immigrati veneti a Venda Nova, nella regione di Espirito Santo, dove più è concentrata la migrazione italiana, coltivatori di caffè e genitori di sedici figli. Lì si svolge la Festa da polenta, la più grande festa italiana del Brasile.
L’idea di questo documentario - si legge nelle note di regia - è nata dalla volontà di un’analisi seria sull’immigrazione in Italia, qualcosa che andasse al di là degli slogan allarmistici e dei tanti luoghi comuni sugli immigrati. L’Italia è uno dei pochi paesi al mondo che ha conosciuto un’emigrazione di massa e che dopo meno di un secolo si è trovata a dover accogliere grandi flussi di immigrati alla ricerca di migliori condizioni di vita».
Il console italiano informa che sono circa 12.000 le richieste di cittadinanza italiana da parte di nostri discendenti in Brasile, con tempi di attesa di 15 anni. I fratelli Fantin de Oliveira rappresentano un caso emblematico: Tiago, 23 anni, è venuto a Verona con la moglie in cerca di miglior fortuna e ora mette in guardia il fratello minore Felippe dalle facili illusioni. La realtà che ha trovato è ben diversa da quella sperata, non basta il passaporto italiano a integrare chi, malgrado le lontane radici, appena apre bocca si accorge di essere un «foresto». Destino analogo quello di Idiwaldo Francescon, cinquantenne, che a Treviso, la città dei suoi nonni, ha trovato un lavoro precario come portiere di notte. Paradossalmente, va meglio a chi di illusioni non se n’è mai fatte, come Ernesto França Antunes, che sprovvisto di ascendenze italiane è arrivato senza troppe aspettative. Il fatto è che, malgrado le dichiarazioni del prosindaco Gentilini, l’Italia più che terra madre si è rivelata matrigna per questi figli sventurati che la Merica l’hanno inseguita invano senza trovarla né di là, né di qua dall’Oceano.
Produzione italo brasiliana (Mithril 2007, 65 min.), vincitore nel 2007 di numerosi premi, Merica, è oggi disponibile in DVD (Carta), insieme con Banliyö-Banlieue, documentario di esordio di Federico Ferrone e Michele Manzolini, che, insieme con Constance Rivière, in un mediometraggio di 30 min.(Mithril 2004) hanno descritto la realtà del sobborgo parigino di Surville, dove negli anni Sessanta nella parte alta della città si è insediata la comunità turca. Anche in questo caso attraverso le interviste emerge lo spaccato di un’integrazione mai cercata davvero da parte dei più anziani e perseguita con altra consapevolezza dai più giovani, sia che si tratti di chi vede nell’insegnamento della storia e della geografia il compimento del proprio destino, come uno dei ragazzi intervistati o chi, come la giovane cresciuta in Francia, si diverte a provocare il padre, chiedendogliquale sarebbe la sua reazione se si innamorasse di un coetaneo francese. È la religione a vietarlo risponde tranquillo il genitore, e se si trattasse allora di un musulmano, magari magrebino, incalza la giovane, il diniego non sarebbe diverso e, dunque, è la sua conclusione, la religione è solo un alibi. Del resto, anche il cimitero musulmano avrebbe dovuto essere riservato ai soli turchi. Come per Merica gli autori non forniscono risposte, si limitano a porre implicitamente dei quesiti sulla realtà assai complessa di un paese, quale la Francia, che sul tema dell’immigrazione può vantare una lunga esperienza.
Anche quelle raccontate dal tedesco ArneBirkenstock in 12Tangos - Adios Buenos Aires (Germania 2006) sono storie di emigranti, che nell’Argentina devastata dalla crisi cercano scampo nel tango, musica struggente da emigranti, ballo intriso di malinconia e di nostalgia, più ancora che di passione, e, dunque, adatto a esprimere il declino attuale e il dolore del distacco. La malinconia è appannaggio dell’anziano ballerino, Roberto Tonet, travolto dal crack economico, che rievoca i successi delle sue tournées intorno al mondo, oppure ha la voce della cantante ultranovantenne Maria de la Fuente, dissugata dal tempo, per dirla con Pirandello, o, se preferite, minuta come Edith Piaf, sicché c’è chi, parafrasando uno dei più popolari titoli di Wim Wenders, ha definito questo film «una sorta di Buena Vista Tango Club». Mentre si tinge già di nostalgia il sogno della ventenne Marcela Maiola, che parte per Parigi conla speranza di trovare laggiù di che vivere dando lezioni di tango e, ancor più triste, la storia di Jolanda Zubieta, madre costretta a separarsi dai suoi quattro figli per cercare lavoro in Spagna e terminare di pagare la casa. Non fiction, ma vita vera, che in questo caso ha un inaspettato lieto fine, come racconta il regista in un’intervista: una spettatrice di Brema, dopo aver visto il film ed essersi informata del debito di Jolanda, ha organizzato una colletta e raccolto la somma necessaria, consentendole di fare ritorno alla sua famiglia. E nel cofanetto accanto al DVD c’è naturalmente un CD contenente i 12 tanghi.

Alessandro Tinterri