11.11.07

Recensione su Sentieri Selvaggi
























XXV SulmonaCinema FilmFestival - Afferrerai la tua anima
di Emiliano Bertocchi (del 11/11/2007)

Le immagini viste tendono a superare i confini, fisici quanto mentali, delle terre e dei pregiudizi e del cinema stesso. Immagini nelle quali ci si scontra con quanti ancora sono costretti a mettersi in viaggio, per fuggire o tornare, nella ricerca di qualcosa di diverso, fosse solo un’ennessima illusione di vita per continuare a sperare.
Afferrerai la tua anima – così recita l’incipit del nono punto del decalogo del cinema antagonista stilato in occasione di questo XXV SulmonaCinema FilmFestival - Il nuovo cinema rifiuta di riconoscere i confini nazionali. Non si identifica né con il documentario né nel film a soggetto. Inoltre gli stanno stretti i generi, utili solo al mercato.
Visioni trasversali, dunque. Cinema in movimento, che non si vuole fermare, stabilizzare. Si parte con Note su una minoranza di Giuseppe Mingozzi. Girato nel 1964 e prodotto dal National Film Board of Canada. Spaccato dell’emigrazione italiana in questo paese, testimonianza diretta e quanto mai attuale delle problematiche legate ai flussi migratori. L’abbandono della propria terra, l’incontro-scontro con una cultura diversa, con una lingua diversa, la ricerca del lavoro. Un insieme di voci e soprattutto di volti ormai scomparsi attraverso i quali ricostruire una parte significativa della storia del nostro popolo, indispensabile da ricordare, proprio ora che le rotte sono cambiate, ed è divenuta l’Italia il paese ricco, il sogno, la terra verso la quale partire e sperare.
Seguono le due opere in concorso Merica e Onibus, ancora incentrate sul viaggio, sul movimento. Merica diretto da tre giovani cineasti, Federico Ferrone, Michele Manzolini e Francesco Ragazzi traccia un filo diretto che collega il Brasile con il Veneto, in una rotta invertita, quella di alcuni dei discendenti degli emigrati veneti dei primi del novecento che vogliono tornare in Italia. Ragazzi che descrivono il nostro come un paese quasi idilliaco, dove la promessa del benessere è fatta a tutti, poi lo scontro con la realtà veneta, con i pregiudizi, con l’astio nei confronti degli stranieri.
In Onibus (diretto da Augusto Contento e vincitore di ben due premi nella serata conclusiva) si torna di nuovo in Brasile, questa volta all’interno di un autobus, in un viaggio fatto di persone, storie, frammenti di vita. Riflessi sui vetri dell’autobus i volti ripresi raccontano, confondono la propria immagine, la propria esistenza, con il paesaggio in movimento, come a proiettarsi oltre questo continuo andare e venire, per lasciare qualcosa di sé nei luoghi che attraversano, per riuscire a farne parte.
Una macchina da presa, in questi tre lavori, che si immerge nelle situazioni, permeabile agli eventi, in continuo dialogo con un fuori campo ricco di significati, nel quale si può scorgere il continuo ripetersi di alcune dinamiche umane, come quelle del migrare, del movimento, del cambiamento. E in questo modo si superano i confini, fisici quanto mentali, delle terre e dei pregiudizi e del cinema stesso e ci si scontra con quanti ancora sono costretti a mettersi in viaggio, per fuggire o tornare, nella ricerca di qualcosa di diverso, fosse solo un’ennessima illusione di vita per continuare a sperare.

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